Ansia… questa conosciuta…

Contrariamente al significato attribuito dal senso comune, l’ansia è una condizione che l’uomo può sfruttare a suo vantaggio nelle situazioni in cui sia necessario un intervento quanto meno tempestivo, per scongiurare conseguenze altrimenti dannose.

Svolge pertanto una funzione adattativa nel mondo circostante ed è una tra le eredità più importanti del regno animale, che il nostro cervello ha acquisito ed “affinato” tramite l’evoluzione.

 

In comune con mammiferi e rettili  noi “umani” possediamo il “sistema libico”, la parte più primitiva del cervello, deputato essenzialmente alla registrazione delle emozioni tout-court: l’amigdala (una parte del cervello) raccoglie il segnale esterno disturbante, mobilita rapidamente il resto dell’organismo ponendolo in uno stato di “allarme”, in altri termini pronto a reagire.

 Ma reagire come? Semplice: attaccando oppure fuggendo. Molti documentari trasmessi in televisione lo dimostrano: se l’animale avverte nelle vicinanze un’altra presenza, può attaccare nel caso in cui l’intruso venga visto come usurpatore (di cibo, territorio, di eventuali accoppiamenti), oppure fuggire immediatamente qualora percepisse l’arrivo di un predatore. Analogamente anche l’essere umano si comporta secondo la modalità “fight or fly” (“attacca o fuggi”).

 

 

Fortunatamente però il cervello umano si è evoluto nel corso della storia, andando oltre questa modalità dicotomica di azione e sviluppando una cognizione più approfondita degli eventi: grazie al ruolo svolto dalla corteccia cerebrale, sede dei processi cognitivi “superiori” quali il ragionamento e la capacità decisionale, l’uomo ha potuto ampliare il suo repertorio comportamentale.

Uno stimolo potrà contemplare reazioni diverse, a seconda del significato che gli verrà attribuito. Tenere in mano un serpente potrà incuriosire una persona se quest’ultima riterrà l’animale affascinante ed innocuo o viceversa suscitare timore, nel momento in cui se ne riterrà pericoloso il contatto.

La nostra mente controlla costantemente l’ambiente in cui viviamo, e ci avvisa quando qualcosa può mettere in pericolo la nostra incolumità (anche mentale). I segnali sono molto chiari: preoccupazione, accresciuta vigilanza, e sul piano fisico, battito accelerato, sudorazione, tremori, solo per citarne alcuni.

Finora abbiamo dato per scontato che gli elementi che generano ansia siano davvero presenti e tangibili nella loro concretezza…ma non è indiscutibilmente così.

 

Accade talvolta che si percepiscano circostanze che non hanno nessun riscontro nella realtà, e che comunque si stimi possano incombere nell’immediato futuro, da un momento all’altro: l’ansia, in questo frangente, perderà il valore positivo di adattamento, assumendo i contorni della patologia.

 

I cosiddetti disturbi d’ansia si caratterizzano per uno stato di eccessiva preoccupazione e reattività nei confronti di determinati stimoli, talmente pervasivo da compromettere la funzionalità della persona, a livello personale, sociale e lavorativo. Nello specifico, sono i seguenti:

 

1)      Fobia specifica (paura per oggetto, animale od evento specifico);

2)      Fobia sociale (paura nel relazionarsi con gli altri);

3)      Disturbo d’ansia generalizzato (paura che qualcosa di spiacevole possa accadere in qualsiasi momento);

4)      Disturbo di attacchi di panico (episodi di paura improvvisa accompagnati da sintomi fisici e mentali, quali sensazione di soffocamento, perdita di controllo, essere sul punto di morire);

5)      Disturbo acuto da stress e disturbo post- traumatico da stress (in genere sopraggiungono in conseguenza ad un trauma reale, in cui l’ansia è legata al rivivere l’accaduto);

6)      Disturbo ossessivo - compulsivo (presenza di pensieri assillanti e/o azioni assiduamente ripetute).

 

 

Attraverso l’intervento di uno Psicologo è possibile ristrutturare il significato del proprio vissuto ed imparare a gestire l’ansia percepita, riducendo in tal modo i sintomi e restituendo alla persona una qualità di vita migliore.